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BALI RURALE

agosto '03
 
 
Lo sapevamo, ce l’avevano detto e l’avevamo intuito, che l’anima di Bali, quella autentica, stesse sulle montagne, sugli altipiani, fra quelle terrazze che sono insieme fonte di sostentamento ed esercizio continuo di rapporto con gli elementi al tempo stesso dolci e severi di quest’isola.

Lasciamo Sanur a bordo del solito pulmino con il nostro driver che oggi è triste, perché la Juventus ha perso e lui proprio non se l’aspettava. Forza della solita globalizzazione, stanno processando Amrozi, il bombarolo di Kuta, ma intanto c’e’ il calcio degli europei in tv ed allora non si guarda altro.

Da Sanur verso nord il traffico rimane intenso almeno fino a Klungkung , città di importanza storica per Bali ed i Balinesi, antica capitale e scenario di alcuni dei più cruenti episodi della guerra contro i colonizzatori Olandesi.

Qui, nel 1710, la dinastia dei Dewa Agung costruì il suo superbo palazzo e lo dotò del Kertha Gosa, il padiglione dove veniva amministrata la giustizia; sempre qui, duecento anni dopo esatti, i successori di quegli stessi regnanti ed i loro sudditi si suicidarono a centinaia davanti alla minaccia della sottomissione agli europei.

Oggi Klungkung è ancora un centro amministrativo importante ed è sede di un grande e vivace mercato, dove è facile perdersi e dove è difficile contenersi data l’abbondanza e la convenienza delle merci in vendita. Compriamo tessuti ed oggetti di artigianato vari ad ottimi prezzi.

Parentesi consumistica : nella classifica dei “paradisi per lo shopping del turista” da me stilata, Bali sta al primo posto. La qualità e la convenienza degli oggetti di artigianato hanno pochi paragoni nel mondo. Qui non si tratta di fare posto in valigia, si tratta di riempire containers.
Per la cronaca : il costo di questi ultimi varia dai 250 ai 300 euro a metro cubo per una spedizione da Denpasar a Genova.

Con il calcolo dei metri cubi in testa, ripartiamo e va detto che oggi sul pulmino siamo al gran completo. Già, perché altre a noi due, c’e’ l’autista Wayan, la moglie ed il figlio (5 anni) ancora Wayan, manca il cane che da queste parti è un must per ogni famiglia.
Tutti insieme perché la nostra destinazione finale è dalle parti della suocera di Wayan (padre) ed allora la famiglia ne approfitta per andare a trovare i parenti.
Non ci dispiace affatto che questo avvenga, di fatto, a nostre spese, un po’ perché la spesa in questione è comunque assai ridotta per i nostri canoni ed un pò perché ci sembra di partecipare ad una scampagnata fra amici più che di usufruire di un servizio taxi.

Peccato che anche stavolta non riusciamo a convincere i nostri compagni di viaggio a pranzare con noi. Come da copione noi rischiamo l’overdose di Nasi e Mie Goreng mentre loro ci aspettano fuori, in macchina. Imbarazzante.

Lasciata Klungkung lasciamo anche il traffico per inoltrarci nella parte più rurale di Bali, lontano dal mare, lontano, soprattutto dalla folla e dalla follia del Sud.

Raggiungiamo in breve Sidemen e Tabola, villaggi o poco piu’, immersi in un eden di terrazze perfette, vegetazione lussureggiante e visioni oniriche sul vulcano Agung.

Eden. Il resort che ci ospiterà per quattro notti giace sulle sponde di un torrente dalle acque fresche e cristalline, tutto intorno un giardino tropicale, uccelli e fiori. Costruzioni di bamboo, niente giornali e niente televisione. Ogni bungalow un giardino privato e, in mezzo al giardino, una vasca di marmo nella quale farti un bagno ristoratore mentre guardi un tramonto che, e non potrebbe essere altrimenti, da queste parti è sempre rosso fuoco. Eden davvero.

Dormiamo circondati dai suoni della natura. Non è la prima volta che ci capitano esperienze del genere, ma ogni volta è sempre una sorpresa ed una conferma. La sorpresa di scoprire ancora nostri questi suoni ancestrali e la conferma di quanti questi ultimi ti riportino a ritmi antichi e serenità perdute.

La mattina si parte per il vulcano, il Gunung Anung; assoldato un altro driver, ci dirigiamo verso Besakih, il tempio madre.

I Balinesi sono in maggioranza induisti. Essi rappresentano una enclave politeista all’interno del ferreo monoteismo del paese musulmano più grande del mondo : l’Indonesia.
L’arrivo dell’induismo a Bali è relativamente recente. Se si escludono alcune piccole comunità la religione di Brama, Shiva e Visnù divenne quella di riferimento sull’isola nel XV secolo come conseguenza della rapida diffusione, a partire da occidente, dell’Islam nell’arcipelago indonesiano.
I caratteri dell’induismo balinese sono assai diversi da quelli dell’omologo ispiratore indiano a partire dall’assenza della suddivisione in caste della popolazione. Inoltre si è avuta una integrazione profonda fra la religione induista e le preesistenti credenze animiste, le quali assegnavano agli elementi naturali (montagne, fiumi, mari..) un ruolo preminente nel vasto panorama di “spiriti” che dominavano (e dominano) le faccende terrene.

Se ci si pensa, è quasi naturale che i balinesi abbiano sviluppato una tale visione del “cosmo”.

Un’isola, con al centro un vulcano attivo, simbolo al tempo stesso malvagio e benevolo, fuoco ed acqua. Lava che distrugge e torrenti che, scendendo dai fianchi, irrigano le risaie, fonte di vita.
E tutto intorno un mare ostile, difficile, ma anch’esso foriero di vita.
Una geometria concentrica che ha riflesso diretto sull’organizzazione spaziale e sul ruolo gerarchico dei templi.
Al contorno i templi marini ed, al centro, a 1000 metri sulle pendici del vulcano, il tempio più importante : Pura Besakih.

L’origine del sito si perde nella notte dei tempi, forse già nell’VIII secolo era luogo di culto per i primi gruppi induisti.
Nonostante le origini ciò che si vede oggi è quasi completamente successivo al 1917, anno del disastroso terremoto che squassò la zona.
Besakih ci è parso assai suggestivo, diversamente da quanto indicato da molte guide. Il vulcano, la nebbia spesso presente, il panorama sottostante, le numerosissime ed affollate cerimonie creano un atmosfera di particolare misticismo e di misteriosa devozione.

Ciò su cui, invece, le guide non sbagliano è la presenza di una ostinata “mafia” delle guide turistiche che “obbligano” il visitatore ad usufruire dei propri servizi esigendo prebende scandalose se riferite al locale costo della vita.
Questa spiacevole situazione ha fatto si che Besakih sia oggi boicottato dai principali tour operator locali che si rifiutano di portare in loco i propri clienti fino a quando la situazione non verrà risolta.

Archiviato Besakih e passati dalla vicina Kintamani per ammirare il bel panorama della caldera del Gunung Anung, ritorniamo per pranzo al resort e dopo avere dedicato la prima parte del pomeriggio al relax, decidiamo di esplorare i dintorni a piedi e ci facciamo accompagnare da un cameriere che, per l’occasione, sarà la nostra guida.

Dopo una breve passeggiata fra le risaie ( e fra i campi di peperoncini che qui abbondano) arriviamo al villaggio di Sidemen. Di turisti da queste parti se ne vedono pochi e le attività principali girano attorno al piccolo mercato delle derrate ed alla tessitura.
Ogni casa ha almeno un telaio presso il quale vengono impiegate principalmente le donne della famiglia. La produzione riguarda, oltre ai normali teli per la confezione dei sarong, anche i più elaborati “songet” e “ikat”.
Questi preziosi tessuti appartengono alla tradizione indo-malese e sono dedicati principalmente alla confezione di abiti per cerimonie.
Il “songet” ha la particolarità di essere intrecciato con fibre di oro e argento che gli conferisce un aspetto particolarmente suntuoso, mentre l’ “ikat” viene realizzato con una tecnica incredibilmente complessa che incide in maniera sensibile sul prezzo.
Mentre il disegno su un tessuto tradizionale viene stampato o realizzato mediante fili colorati uniformemente all’origine, i disegni sull’ “ikat” si realizzano dipingendo variamente il singolo filo, che, una volta intrecciato creerà la decorazione voluta.

Dopo averci condotto a visitare i telai in alcune case, Nyoman, il nostro accompagnatore ci invita a casa sua. A questo punto il turista medio, noi compresi, si esercita in repentine alzate di scudi. E’ normale, viviamo in un mondo, il nostro quello di occidente, fatto di piazzisti che tentano in ogni modo di rifilarci le loro merci spesso scadenti. Siamo diffidenti dentro, ormai.

Ad ogni modo accettiamo e seguiamo Nyoman a casa sua in una “frazione” di Sidemen.
Passiamo oltre un’ora parlando delle rispettive famiglie e delle rispettive nazioni, differenze, uguaglianze e problemi. La casa è piena di bambini, figli suoi e dei suoi fratelli; vivono tutti sotto lo stesso tetto nipoti, zii, genitori e nonni. Ci colpisce, ma l’avevamo già notato qui a Bali, la gentilezza con cui vengono trattati i bambini : mai un urlo, mai uno schiaffo, ma parole gentili pronunciate quasi sotto voce. I bambini ascoltano e sono sereni.
Scambio di indirizzi e salutiamo Nyoman con la promessa (mantenuta) di spedire le foto scattate quel pomeriggio.
Ah, dimenticavo…. …nessuno ci ha derubato, sequestrato, tentato di venderci oggetti, tour, chiesto elemosine o raccontato strazianti storie di parenti lontani che hanno disperato bisogno del nostro aiuto e dei nostri soldi.

Il cuoco del resort è thailandese. La cena sarà ottima e la notte ancora accompagnata dai rumori della natura. Ancestrale.

Il giorno successivo, altro driver ed altra gita “fuori porta”. Ci dirigiamo a Nord destinazione Amed, località nota soprattutto per la possibilità di effettuare immersioni e snorkeling.
Per raggiungere la costa, attraversiamo la splendida vallata fra le pendici dell’Agung e quelle del Lempuyang : 3150m il primo, 1100m il secondo. Risaie e natura rigogliosissima, gente che si lava nei canali e fa il bucato nei fossi. Scene di vita rurale, buoi che arano e persone al lavoro nei campi.

Scavalcato il passo, inizia la discesa verso il mare, la musica cambia, e parecchio.

Quello descritto dall’Agung e dal Lempuyang è uno spartiacque importante : acqua e fertilità al di qua e terreno arido ed incolto al di la. Sembra di stare su un altro pianeta rispetto a prima, le pendici del vulcano si immergono direttamente nel mare e descrivono un paesaggio severo, a tratti drammatico.
Ad Amed non c’e’ quasi nessuno, qui sulla costa Nord, la crisi del turismo si fa sentire parecchio.
Le spiaggie sono nere e poco invitanti, ma la nutrita schiera di diving ci fa ben sperare per quanto riguarda i fondali.
Noleggiamo a prezzi ridicoli le pinne ed iniziamo la nostra “sessione” di snorkeling. L’assenza di sabbia e la roccia vulcanica crea i presupposti per un ottima visibilità. I coralli sono abbondanti, cosi come la fauna.
“Emergiamo” soddisfatti e ci ristoriamo con un ottimo nasi goreng. Questa volta l’autista accetta di pranzare con noi ed è un piacere scambiare quattro chiacchiere con lui.

Dopo pranzo riprendiamo la marcia mettendo a dura prova i nostri stomaci. La strada che percorre il periplo del Lempayang portandoci dalla costa Nord a quella Est è, infatti, assai stretta e tortuosa.

Dopo aver attraversato rapidamente Candidasa (nota un tempo per le belle spiagge nere ed ora nota per l’erosione che se le è portate via) riprendiamo la via dell’entroterra con destinazione Tenganan.

L’interesse per questo villaggio è la particolarità antropologica di essere abitato dai discendenti dei Bali Aga, ossia dai gruppi etnici preesistenti all’arrivo dei giavanesi nel XV secolo.

La diversità la si percepisce innanzitutto nella ordinatissima disposizione urbanistica del villaggio, organizzato secondo un preciso reticolo di strade e cinto da muri difensivi.

I Bali Aga sono estremamenti conservatori e mantengono costumi, sia religiosi che sociali, ormai sbiaditi nel resto della popolazione isolana.

La principale fonte di reddito dei locali è data, oltre che dalla riscossione della gabella per visitare il villaggio, dalla produzione del “doppio ikat”.
Come già detto, l’ikat si ottiene dipingendo il filo prima che questo venga tessuto. Nel “doppio ikat” vengono dipinti, sempre prima della tessitura, sia il filo della trama che quello dell’ordito.
Già è abbastanza affascinante che intrecciando un filo multicolore si ottengano alla fine dei disegni compiuti, farlo sia con trama che con ordito ha dello stupefacente. Il riflesso di tutto ciò è che i doppi ikat hanno prezzi da gioielleria, vengono tenuti in cassaforte e maneggiati come si maneggerebbe la sindone.
Ringraziamo per la spiegazione sui doppi ikat, ma ci limitiamo ad acquistare un più proletario Ramayana dipinto su foglie di palma.

Torniamo sulla strada per Sidemen e, da qui, al nostro rifugio tropicale dove il cuoco tailandese si sbizzarrirà con una nuova cena speziata.

La sera, di nuovo la sinfonia tropicale. Ci chiediamo come faremo a dormire, fra pochi giorni, nella stanza tutti comfort e moquette centimetrica del nostro albergo di Bangkok.




Volevamo una mattina rilassante, in giro per le dolci risaie. Chiediamo di poter fare un “light trekking” con un ragazzo del posto.

Diamine ! Avevamo detto “light” !!!

Giuro, ho pensato di morire.

Non tanto per la fatica, che comunque c’era, ma per l’oggettiva situazione di pericolo.

La risaia a terrazza è contenuta da muretti di argilla costruiti a mano. Ora, per questioni di bon ton balinese, non puoi camminare “nella” risaia, ma devi camminare sulla testa di questi fradici muretti progettati per il peso (piuma) dell’indigeno medio. Ecco, quando ti senti franare la terra sotto i piedi ed il tuo occhio cade sul dirupo sottostante, già immagini i titoli sui giornali ed i tuoi vicini che dicono che, in fondo, eri una brava persona. Amen. Però non scrivetelo sulla mia lapide che sono morto in questa maniera.

Alla fine del nostro “light trekking” siamo stanchi morti e ricoperti di fango (per la cronaca abbiamo anche guadato un torrente perché la nostra guida si era persa), manco a dirlo, lui, la guida, è fresco come una rosa e mi dice, beato come una pasqua, che una dieta non mi farebbe male…
Per dimostrare che so ascoltare i suoi consigli, torno al resort e mi ingolfo di cibo tailandese fino a scoppiare, in fondo ho rischiato la vita, quindi me lo merito.

Il cibo tailandese, appunto. Davvero bravo il cuoco del resort, così decidiamo di partecipare ad un pomeriggio di scuola di cucina.

Ed allora ecco qua :



Yam Woosen Gai
insalata di pollo con “noodles”

Ingredienti
50 gr spaghetti di riso
50 gr di petto di pollo
una cipolla bianca
un cetriolo
un pomodoro
prezzemolo q.b.
1 cucchiaio di salsa di soia
1 cucchiaio di salsa di ostriche
succo di lime

Preparazione
Cuocere i noddles in acqua bollente (senza sale) per un minuto e raffreddarli immediatamente sotto abbondante acqua. Versarli in un piatto di portata.
Tagliere il petto di pollo a dadini e cuocerlo in acqua bollente.
Tagliare le verdure
Disporre le verdure, il prezzemolo e il pollo sopra gli spaghetti di riso; condire con le salse e con il succo di lime



Khao Soi Gai
zuppa di pollo

Ingredienti
½ Petto di pollo
curry giallo e rosso
olio di semi
N°2 cucchiai di latte di cocco (denso)
cucchiaio di salsa di pesce
½ cucchiaio di salsa di ostriche.
60 gr di spaghetti all’uovo
Brodo di pollo


Preparazione
Tagliare il petto di pollo a dadini.
In una padella far soffriggere per qualche minuto N°1 cucchiaio di curry con il latte di cocco e qualche mestolo di brodo successivamente aggiungere il pollo.
In un’altra padella far soffriggere per qualche minuto N°2 cucchiai di curry rosso con un po’ di olio di semi; successivamente aggiungere al brodo.
Aggiungere ancora al brodo N°1 cucchiaio di salsa di pesce e N°1 e ½ cucchiaio di salsa di ostriche.
Cuocere metà degli spaghetti in acqua bollente e versarli, insieme al brodo, in un piatto.
Infarinare la seconda parte degli spaghetti e friggerli fino a quando non diventano croccanti; utilizzarli per guarnire la zuppa.



Pad Med Gai
pollo agli anacardi

Ingredienti
Aglio
½ cipolla
1 pomodoro
½ petto di pollo
50 gr di Anacardi
Brodo
N°1 cUcchiaio di pasta di peperoncino
Salsa di pesce
Salsa di ostriche

Preparazione
Affettare l’aglio, la cipolla, il pomodoro e il pollo. Friggere gli anacardi in olio di semi per qualche minuto.
In un’altra pentola far soffriggere un po’ di aglio tritato e aggiungere il pollo e la cipolla. Allungare con N° 2 mestoli di brodo. Aggiungere un cucchiaino di pasta di peperoncino. Successivamente versare i pomodori, le salse e gli anacardi.



Gado Gado

verdure agli anacardi

Ingredienti
100 gr di arachidi
spicchi di aglio
N°1 scalogno
N° 2Carote
½ cavolo bianco
50 gr di fagiolini
50 gr di germogli di soia
50 gr di tofu
N°1 cucchiaio di latte di cocco denso
N°3 cucchiai di salsa di soia dolce
N°1 cucchiaio di salsa di tamarindo
N°1 cucchiai di cipolla tritata


Preparazione
Salsa
Far soffriggere gli arachidi con un po’ di aglio e di scalogno.
Tritare nel mixer le arachidi, l’aglio e lo scalogno con una tazzina di acqua e un cucchiaio di latte di cocco.
Versare la salsa ottenuta in un pentolino e cuocerla insieme alla salsa di tamarindo, alla salsa di soia e alla cipolla e un po’ di sale.

Cuocere le verdure e tagliarle a fettine.
Friggere il tofu e tagliarlo a dadini.
In un piatto da portata disporre le verdure, il tofu e guarnire con la salsa.


Buon appetito !


Ultima notte in questo paradiso, domani si ritorna alla civiltà. Ci aspetta un volo per Bangkok e conviene partire presto.

Ci vengono a prendere Wayan e la sua famiglia. Niente radio, tv o giornali, per quattro giorni abbiamo vissuto con ritmi diversi ed il ritorno alla normalità è traumatico, ben più del previsto.
La moglie di Wayan ci passa il giornale, è in bahasa ma alcune parole e le foto le capiamo.

Le parole sono “Jakarta” e “Marriott”, nella foto un cumulo di macerie.

E’ successo ancora, di nuovo in Indonesia chi non accetta che il paese islamico più grande del mondo abbia una guida laica si esprime con le bombe. A Bali si condanna a morte Amrozi , a Giacarta muoiono gli innocenti sotto le bombe degli estremisti.

Morte su morte, la via di uscita non è chiara.

Con molti pensieri per la testa riprendiamo la via per il Sud, per Denpasar e l’aeroporto dedicato a Ngurah Rai, il martire dell’indipendenza.

Bali scorre veloce dai finestrini e rivediamo al rewind i paesaggi e le scene cui ormai ci siamo abituati. Le risaie, le terrazze, i templi, le case, i contadini, i bambini, le auto scassate, le vespe con su intere famiglie, gli aquiloni.

Partiamo, ed è inutile dirlo, con la nostalgia che già si affaccia. C’è sempre alla fine di ogni viaggio questa soddisfazione amara. Torni più ricco, ma lasci sempre qualcosa nel posto che abbandoni.
Forse è proprio questo lasciare qualcosa, quel tornare comunque incompleto, che ci spinge, anno dopo anno, a rimetterci in gioco e partire per nuove mete.

Bali ci ha stupito, occorre dirlo. Pensavamo di trovare una meta corrotta dal turismo di massa, ma ci siamo trovati davanti un mondo genuino, da scoprire giorno dopo giorno.
Kuta e Nusa Dua sono santuari del turismo internazionale, ma al di la di questi e pochi altri luoghi, il resto dell’isola vive con ritmi e modi che hanno ricevuto influenze, anche profonde, ma non sono stati compromessi.

Dolcezza del paesaggio e dolcezza delle persone, si torna a casa con qualcosa nel cuore. Bali parla sottovoce, come ai suoi bambini, ma il messaggio arriva chiaro e ti rimane dentro. Parla di serenità e di ritmi dimenticati, di natura e di lavoro, di famiglia e di amicizia.

 

CB 2003


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